mercoledì 29 ottobre 2014

Biennale di Venezia 2014: un trionfo targato SUD



Particolarmente significativa in questa cinquantottesima edizione della Biennale di Venezia sezione Musica è stata la partecipazione della Puglia i cui artisti hanno aperto (quasi) e chiuso un'edizione all'insegna della crisi.
Francesco D'Orazio, barese d'origine e leccese d'adozione, noto violinista dotato di altissima sensibilità artistica e capacità tecniche tanto da permettergli di passare dal repertorio classico a quello contemporaneo riscuotendo lusinghieri consensi della critica; proprio l'estrema poliedricità  ha giocato a suo favore permettendogli di imporsi come punto di riferimento nella musica contemporanea. Secondo violinista italiano dopo Salvatore Accardo a ricevere il premio Abbiati della critica italiana. Venerdì 3 ottobre (terzo appuntamento della Biennale) si è esibito presso il Teatro Malibran con l'orchestra del Teatro la Fenice in brani di Dusapin, Saarihao e Adams diretto dal M° Pascal Rophé.

Il 12 ottobre, chiude la sezione Musica della Biennale un inaspettato ma atteso trionfo per la prima rappresentazione assoluta dell'opera da camera "KATËR I RADËS. IL NAUFRAGIO" su libretto di Alessandro Leogrande, già scrittore del romanzo-reportage edito dalla Feltrinelli Ilnaufragio. L'opera commissionata dalla stessa Biennale Musica (contemporanea) diretta da Ivan Fedele, è scritta per sei musicisti, quattro voci e tre attori. Fedele al libretto, l'opera narra della clamorosa sciagura avvenuta in Italia nel lontano 1997 (di venerdì santo), quando una motovedetta albanese con a bordo circa 120 persone, soprattutto donne e bambini, venne speronata da una corvetta della Marina militare italiana. L'esito fu disastroso: 81 morti di cui trentuno avevano meno di 16 anni. Nacquero da quella vicenda numerose inchieste e un "ping pong" di accuse e responsabilità che terminò con il condannare la Marina militare italiana per aver intrapreso un "gioco" molto pericoloso con quella piccola imbarcazione.
Co-produzione dell'opera insieme alla Biennale di Venezia è stata una realtà leccese consolidata con oltre trent'anni di attività, i Koreja: cantieri teatrali di innovazione (da sempre coraggiosi nell'affrontare nuovi linguaggi e sperimentazioni di ogni tipo).

Al compositore Admir Shkurtaj l'arduo compito di scrivere per la prima volta un'opera così impervia per imponenza tematica e per il contesto in cui presentarla per la prima volta. Shkurtaj non si risparmia, impegnato com'è non solo in veste di compositore ma anche di musicista con la sua fisarmonica durante la rappresentazione è inoltre stato parte integrante nell'elaborazione dei versi recitati dagli attori, nella cura della dizione della parola in lingua albanese affidata (anche se solo nella prima parte) ai cantanti, nell'affiancare lo scrittore Leogrande durante la stesura stessa del libretto. Il maestro Shkurtaj ben conosce quei suoni, quelle urla, quel dolore di lontananza dalle proprie origini, quelle agitazioni sopportate da un'immensa dose di speranza in un terra straniera essendo stato lui stesso un naufrago nel 1991. La padronanza della scrittura, le innumerevoli infiltrazioni musicali, dall'etnico al jazz alla musica contemporanea alla musica di ricerca e a quella elettronica contribuiscono a generare un universo di suoni e di emozioni senza pari. Le impervie parti strumentali sono state affidate a musicisti di altissimo calibro come Pino Basile alle percussioni e cupa cupe (ideatore di un vero e proprio set formato da bidoni e tubi), Giorgio Distante alla tromba in Sib e live elettronics, Marco Ignoti al clarinetto basso e clarinetto in Sib, Jacopo Conoci al violoncello, Vanessa Sotgiu al pianoforte preparato e come detto, lo stesso compositore alla fisarmonica. Da ammirare il lodevole lavoro delle voci per estensioni, argutezza dei ruoli, difficoltà tecniche magistralmente superate, acrobatici incastri sonori, effetti tecnici-vocali e padronanza scenica, i protagonisti: Simona Gubello (soprano), Marzia Marzo (mezzosoprano), Alessia Tondo (voce etnica) e Stefano Luigi Mangia (voce sperimentale: uno dei pochi in Italia).
Afferrato anche il lavoro degli attori Emanuela Pisicchio, Anna Chiara Ingrosso e Fabio Zullino.
La direzione è affidata all'intelligenza di Pasquale Corrado, giovane ma ormai affermato direttore specializzato in musica contemporanea senza il quale sarebbe stato difficile se non impossibile portare a termine l'opera tant'è ardua.
L'azione scenica è portata avanti dallo stesso direttore artistico dei Koreja ovvero il regista Salvatore Tramacere che con pochi ma suggestivi gesti e immagini è riuscito a creare momenti di forte impatto emotivo. Tutto il lavoro scenico è sottolineato dalle minimaliste luci e scene di Michelangelo Campanale. La scelta di ricreare i bambini con dei fantocci di stoffa sfilacciata, un coro di albanesi in costume d'epoca che porge con infinita sofferenza e dignità un fiore sopra ogni corpicino abbandonato sull'imbarcazione ormai spoglia, una camicia, una sottana.. abiti grondanti di acqua che lentamente si innalzano verso un ipotetico cielo di pace, una giacchetta da bambina rossa color sangue che più di tutte sale in alto e ruba l'attenzione grazie anche ad un fascio di luce che man mano si affievolisce sino a raggiungere il buio lasciando l'osservatore incapace di respirare soffocato da un groppo alla gola. A chiudere il cerchio delle emozioni durante l'elevazione della giacchetta rossa, entrano in scena cinque coristi dei Vioninat e Lapardhase (i violini di Lapardhase) che con una struggente canzone intona in albanese i versi "esci e benedicili, digli di tornare ché solo tu, Madre, li ami".


A seguire l'opera da camera sono stati quindici minuti di canti a cappella dello stesso coro che come ormai fa da trent'anni, ripercorre con semplicità ma raffinatezza sonora le melodie della loro tradizione, incantando ancora per una volta il folto pubblico presente per l'ultimo "spettacolo" della Biennale Musica 2014.
Seguono quasi dieci minuti di scroscianti applausi da un pubblico quasi incredulo per aver assistito a tanta sofferenza rappresentata con semplice delicatezza e raffinata poesia.
RCP redazione
Selene Margiotta

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